Dispositivi elettronici: strumenti che ormai sono divenuti essenziali per il nostro lavoro e per la vita quotidiana. Apparecchiature tecnologiche (smartphone a device più sofisticati) il cui obiettivo dovrebbe essere quello di rendere la nostra vita, almeno sulla carta, molto più semplice e confortevole. Prodotti, in questo periodo di frenetico shopping natalizio, che sono fra quelli più in auge e maggiormente desiderati.

Comodità per le quali siamo costretti a pagare un prezzo molto alto, soprattutto per quanto riguarda la tutela del diritto alla privacy ed al relativo trattamento dei dati. Un aspetto che ha un impatto considerevole sulle abitudini e sulle decisioni che i consumatori/utenti effettuano attraverso tali strumenti elettronici. I principali media nazionali, ad esempio, sottolineano il sempre più diffuso utilizzo di spyware all’interno dei prodotti tecnologici di ultima generazione. Si tratta, nello specifico, di software che permettono il controllo dell’attività del soggetto che utilizza il dispositivo tecnologico. Il che si traduce, concretamente, nello spiare il soggetto (ovviamente inconsapevole) che riceve questa tipologia di regalo. E’ bene sottolineare che in Italia è illegale (secondo quanto disposto dall’art. 615 bis e 617 bis c.p.) l’installazione di programmi di monitoraggi terzi senza autorizzazione dell’interessato. E’ necessario interpretare nel giusto modo la scriminante di cui all’art. 51 comma 1 c.p.: “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità”. La norma in questione, ad una lettura superficiale, legittimerebbe l’utilizzo di spyware da parte dei genitori sui cellulari dei figli. In realtà non è affatto così: la Cassazione penale ha stabilito come il diritto/dovere di vigilanza sulle comunicazioni del minore che “giustifica l’intrusione nella sfera di riservatezza del fanciullo solo se determinata da una effettiva necessità”, deve essere “esercitato in maniera funzionale al perseguimento delle finalità per cui il potere è conferito” 

LA RICERCA

La Fondazione Mozilla (importante no-profit famosa soprattutto per lo sviluppo del browser Firefox) ha effettuato una ricerca approfondita analizzando alcuni dei dispositivi maggiormente diffusi al giorno d’oggi ponendosi il problema se questi ultimi rispettino o meno i livelli minimi di protezione dei dati personali. Per il terzo anno consecutivo la Fondazione Mozilla, dunque, ha testato ben settantasei articoli elaborando una lista definita Privacy Not Included. Del resto nel recentissimo passato grandi imprese del settore web come Facebook, Amazon e (come già detto in precedenza) Google sono state oggetto di attenzione in merito al rispetto della Privacy. Al fine di ricevere il riconoscimento del rispetto del livello minimo di sicurezza, Mozilla ha affermato che i prodotti devono avvalersi della criptazione, disporre di aggiornamenti sulla sicurezza automatici, attuare programmi “bug bounty” – volti al rilevamento delle eventuali vulnerabilità presenti – e, inoltre, richiedere agli utenti di cambiare le password predefinite.

PROMOSSI

Non moltissimi, ad onor del vero, sono i device promossi dall’analisi della Fondazione Mozilla. Fra questi un nome altisonante è quello della Nintendo Switch che ha introdotto il Filtro Famiglia: un’applicazione, totalmente gratuita, che permette ai genitori di monitorare l’attività dei propri figli ed attraverso la quale è possibile immettere determinate limitazioni all’uso della consolle (direttamente dalla stessa se non si disponesse di adeguato smartphone). Ha ricevuto l’ok anche il Sonos One SL (speaker ideato per trasmettere musica) elogiato da Mozilla in quanto privo, al suo interno, di un microfono in grado di registrare informazioni dell’acquirente. Si tratta di elemento essenziale che lo contraddistingue da Alexa di Amazon.

BOCCIATI

Uno dei fattori di maggiore preoccupazione riguarda le Smart TV, le televisioni che permettono la navigazione Online. Queste ultime permettono di accedere ad una miriade di contenuti tramite l’utilizzo di un semplice telecomando. La minaccia è, in sostanza, quella di registrare e tracciare le visualizzazioni effettuate tramite tale device facendo sì da commutare queste views in veri e propri dati sull’utente. Il tutto facilitato dall’esistenza di telecamere e microfoni integrati all’interno della TV. Un pericolo evidenziato persino dall’FBI oltre che da un’analisi (datata 2018) dell’autorevole New York Times. Bocciatura netta per gli strumenti denominati Smart Home proposti dalla compagnia Ring Inc. (di proprietà di Amazon). Il riferimento è ai Ring Device (Ring Video, Doorbell), Indoor Cam e Security Cams. I dipendenti di tale società presentano, secondo la Fondazione Mozilla, un livello non adeguato per quanto riguarda la tutela della Privacy. Negativo anche il parere su Artie 3000 Coding Robot (robot che ha come pubblico i più piccoli; non sussisterebbero garanzie sufficienti per capire se i dati trasmessi dalla app al robot siano criptati), PetChatz HD (telecamera per cani che presenta una strana privacy policy, che non fa riferimento al dispositivo, ma solo al sito web) e OurPets SmartScoop Intelligent Litter Box (letteria elettronica collegata allo smartphone del padrone tramite Bluetooth la quale ha fallito alcune delle condizioni di sicurezza di Mozilla, incluso l’esame relativo alla criptazione e all’installazione automatica di aggiornamenti della sicurezza). Particolare attenzione è stata posta sul Filo by Google. Tramite questo strumento è possibile ritrovare, attraverso una specifica applicazione, degli oggetti di cui sono perse le tracce. Il riferimento è, per fare degli esempi, a cellulari, portachiavi e borse. Un tale dispositivo, come è facilmente comprensibile, potrebbe porre delle minacce, oltre che alla Privacy, proprio alla vita privata dell’utente. Il fatto che l’Unione Europea stia conducendo nei confronti di Google un’analisi preliminare con l’obiettivo di valutare le modalità adottate per la raccolta dei dati relativi, fra l’altro, a pubblicità sul web, tartgeting pubblicitario online, servizi di login, browser e servizi di ricerca di carattere locale e, inoltre, la precedente sanzione inflitta alla multinazionale statunitense a causa delle violazioni del GDPR da essa commesse, non permettono di escludere implicazioni negative relative all’utilizzo del Filo di Google.

CONCLUSIONI DELL’INDAGINE

Al momento c’è davvero poco da essere ottimisti. L’attuale normativa, evidentemente, presenta delle grandi lacune per quanto riguarda la specifica applicazione nel campo dei prodotti tecnologici. Si spera in un significativo passo in avanti con il tanto atteso Regolamento ePrivacy, la cui adozione dovrebbe essere prevista nel prossimo periodo.